Psicologo penitenziario: chi è e cosa fa?

Chi è lo psicologo penitenziario

Con l’approvazione della legge sull’ordinamento penitenziario è stata introdotta la figura dello psicologo penitenziario come collaboratore dell’amministrazione pubblica per il reinserimento dei detenuti nella società. L’obiettivo di questo professionista, infatti, è il recupero degli individui, la prevenzione dei rischi autolesivi o degli episodi di suicidio, e il contrasto alla depressione e all’isolamento.

In questo senso, è importante realizzare una stretta collaborazione tra amministrazione pubblica e professionisti, in modo da ottimizzare i risultati e migliorare il percorso di recupero dei detenuti.

Scopriamo in questa breve guida chi è e cosa fa lo psicologo penitenziario nelle carceri, quali sono le mansioni, quanto guadagna e come diventare un professionista nel settore.

Chi è lo psicologo penitenziario?

La figura dello psicologo penitenziario all’interno delle carceri è una novità degli ultimi decenni (introdotto dalla legge n. 354 del luglio 1975), che deriva dalla volontà di intraprendere un percorso di recupero dei detenuti per favorire il loro reinserimento nella società dopo lo sconto della pena. L’articolo 80 della suddetta legge, in particolare, consente all’amministrazione penitenziaria di avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica per il raggiungimento degli obiettivi di rieducazione.

Il professionista impegnato in questo ruolo svolge una funziona cruciale per tutti gli individui che si trovano in carcere e fornisce il giusto supporto emotivo e psicologico ai detenuti durante l’esperienza traumatica.

A partire dall’aprile 2008, le funzioni in materia di Sanità Penitenziaria sono passate al Servizio Sanitario Nazionale: è da questo momento, quindi, che i presidi di Psicologia sono costituiti da personale che fa riferimento all’Azienda Ospedaliera e non più al Ministero di Giustizia.

Ma lo psicologo penitenziario non lavora solo all’interno delle carceri: talvolta questa figura può affiancarsi ai magistrati o ai Tribunali. Altri contesti in cui lo psicologo penitenziario può trovarsi a operare comprendono:

  • le ASL che svolgono attività sanitarie in ambito penitenziario;
  • il Tribunale per i Minorenni o il Tribunale di Sorveglianza come esperti carcerari, in virtù dell’ex. art.80;
  • Centri per la Giustizia Minorile (CGM) e gli Uffici di Servizio Sociale Minori (USSM) sempre come consulenti esperti.

Le mansioni di uno psicologo penitenziario

La figura dello psicologo penitenziario all’interno delle istituzioni carcerarie contribuisce da un lato al recupero, alla riabilitazione e al reinserimento degli individui nella società, e dall’altro lato aiuta a prevenire e curare eventuali disagi psichici e sociali presenti in alcuni individui.

Un professionista all’interno delle carceri, quindi, deve perseguire alcuni obiettivi:

  • aiutare i detenuti nel percorso di reinserimento nella società, favorendo l’assunzione di responsabilità;
  • prevenire eventuali rischi autolesivi o episodi di suicidio che possono verificarsi;
  • garantire un supporto alla salute mentale per evitare episodi di depressione o isolamento.

Non solo: lo psicologo penitenziario che collabora all’interno di un carcere è tenuto a realizzare un programma di trattamento personalizzato per ciascun detenuto, andando a considerare la sua storia, gli eventuali punti di forza e debolezza e possibili disturbi di personalità che possono manifestarsi in qualsiasi momento.

Lo psicologo penitenziario nel carcere minorile

Nel contesto del carcere minorile l’intervento del professionista deve essere adattato alla giovane età dei detenuti. Infatti rispetto agli adulti, i minori sono in una fase critica dello sviluppo della propria identità e delle capacità emotive e relazionali.

Il lavoro dello psicologo dovrà affrontare gli schemi comportamentali disfunzionali, spesso appresi dall’infanzia e provenienti da storie di disagio socio-familiare.

Vengono utilizzate terapie individuali e di gruppo, al fine di creare nuove strategie di gestione emotiva e relazionale.

Sfide e opportunità di uno psicologo penitenziario

Lo psicologo penitenziario si trova ad affrontare una serie di sfide e criticità all’interno del sistema in cui si trova a operare: la limitazione delle risorse a disposizione, il sovraffollamento delle carceri e la scarsità di personale qualificato sono solo alcune delle problematiche presenti in questo settore che possono in qualche modo ostacolare l’operato dei professionisti.

Ulteriori sfide della professione riguardano la stigmatizzazione e la resistenza al cambiamento, contro le quali gli psicologi continuano a combattere fermamente promuovendo la comprensione e la consapevolezza dei bisogni psicologici dei detenuti e combattendo pregiudizi che potrebbero ostacolare il loro processo di riabilitazione. 

Sfide ed opportunità del lavoro come psicologo in carcere

Oltre alle sfide, ci sono anche tante nuove opportunità future che il settore si trova costantemente ad affrontare: tra le tante, c’è la crescente comprensione delle dinamiche di gruppo all’interno delle strutture carcerarie, che richiede l’integrazione di una prospettiva sociale più approfondita nel processo di riabilitazione.

Solo la coesione e la collaborazione tra l’amministrazione pubblica e i professionisti può contribuire a superare le sfide e a cogliere le nuove opportunità per lo sviluppo di questa professione.

Quanto guadagna uno psicologo penitenziario

Lavorare come psicologo in Italia (in ambito penitenziario, ma non solo) comporta l’assunzione di numerose responsabilità, ma può dare anche grandi soddisfazioni: il compenso economico che spetta per questo ruolo è molto allettante. Bisogna ricordare che il compenso di uno psicologo varia moltissimo in relazione alla specializzazione (a tal fine può essere utile scoprire quanto guadagna uno psicologo di base).

Lo stipendio di uno psicologo penitenziario è stato recentemente aggiornato dal Ministero della Giustizia, che ha provveduto a innalzare la retribuzione oraria da 17,63 euro a 30 euro. Generalmente, per un professionista impegnato nel settore pubblico in ambito penitenziario, lo stipendio medio mensile può raggiungere i 1.650 euro.

Non bisogna dimenticare, infine, le differenze salariali in base al genere: dei 118.000 iscritti all’Ordine degli Psicologi, 98.500 sono donne e guadagnano mediamente meno rispetto ai colleghi uomini. Basti pensare che la media dei redditi percepiti nel 2019 dagli uomini era di 19.389,35 euro, contro i 13.880,38 euro delle donne.

Come diventare psicologo penitenziario

Il percorso da seguire per diventare uno psicologo penitenziario non è totalmente diverso da quanto descritto nei precedenti articoli (per esempio come diventare uno psicologo), ma prevede una specializzazione nel settore di riferimento.

Chi ambisce a questa professione, quindi, deve innanzitutto conseguire una laurea magistrale in Psicologia scegliendo tra le migliori università in Italia nel 2024, e successivamente iscriversi all’Albo degli Psicologi, nella sezione A ovvero quella che consente di svolgere la libera professione.

Per quanto riguarda il percorso di specializzazione, considerando l’ambiente di lavoro, potrebbe essere opportuno valutare lo studio di materie quali la psicobiologia o la psicologia sociale e di comunità, passando per la psicometria, la sociologia e l’antropologia. A tal fine, potrebbe essere utile frequentare un master in criminologia o psicologia giuridica, oppure seguire una formazione mirata sulle norme e procedure nel sistema penale.

Al termine degli studi può essere altrettanto utile svolgere un tirocinio pratico valutativo in uno degli ambienti preferiti, in modo da valutare se questa specializzazione è adatta alla proprio personalità. Da non dimenticare, come per tutti gli psicologi, la formazione obbligatoria da svolgere ogni anno.

Fonti:

  • Saita, E., & Sorge, A. (2022). Psicologia penitenziaria. Vita e pensiero.
  • Bruni A., 2014, Psicologi “dietro” le sbarre. Appunti di psicologia penitenziaria, Simple, Macerata 
  • Perone, N. (2022). Il lavoro di gruppo nel contesto penitenziario.