Come funziona il segreto professionale dello psicologo

Il segreto professionale dello Psicologo

Quando una persona intraprende un percorso di terapia, presso una clinica o uno studio privato, desidera trovare il sostegno e il supporto di un professionista che possa ascoltare e consigliare senza divulgare pensieri, opinioni o discussioni emerse durante le sedute. Il segreto professionale, a tal fine, è un obbligo al quale ciascuno psicologo è sottoposto per garantire privacy e riservatezza a informazioni sensibili sul paziente e sulla propria condizione di salute mentale.

Scopriamo cos’è il segreto professionale, quali sono i casi di deroga all’obbligo e cosa prevede la normativa.

Segreto professionale: la definizione

Il segreto professionale dello psicologo è un obbligo imposto dall’articolo 622 del Codice penale e ribadito anche dal codice deontologico, precisamente agli articoli 11-17. La normativa di riferimento prevede che:

Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti“.

Il professionista è tenuto a mantenere in segreto tutto ciò che viene discusso nel corso della seduta di terapia, comprese le informazioni personali del paziente, a meno che non vi sia una ragione legale o un rischio per la sua sicurezza. Anche in questi casi, comunque, lo psicologo cercherà di limitare la divulgazione delle informazioni allo stretto necessario e agirà secondo i protocolli legali e etici.

Ma qual è la vera definizione di “segreto professionale”? Possiamo considerarlo come un principio etico volto a garantire la riservatezza e la privacy delle informazioni condivise dai pazienti durante le sedute di terapia. Basato sulla fiducia reciproca tra psicologo e paziente, il segreto professionale è un pilastro fondamentale per la professione.

Obbligo di referto e obbligo di denuncia

L’articolo 13 del codice deontologico stabilisce invece come comportarsi in determinate situazioni, quali l’obbligo di referto o di denuncia: in questo caso, come stabilisce la normativa, “lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto“.

Se la seduta di terapia dovesse svolgersi in gruppo, invece, lo psicologo deve riferire sin dall’inizio le regole che governano l’intervento, impegnandosi in prima persona per tutelare il diritto di riservatezza di tutti i partecipanti.

Lo psicologo è sempre vincolato dal segreto professionale?

Salvo casi eccezionali, lo psicologo deve rispettare sempre il segreto professionale senza divulgare informazioni sensibili ottenute nel corso delle sedute con pazienti. In questo modo, il paziente avrà modo di esplorare i propri pensieri e le proprie esperienze passate in libertà, senza la paura di essere giudicato.

Esistono tuttavia dei limiti al segreto professionale dello psicologo, limiti che riguardano solo circostanze eccezionali e previste dalla legge: per esempio la segnalazione di un pericolo imminente per la vita del paziente o di altre persone, o la presenza di obblighi legali di divulgazione delle informazioni. Anche in queste situazioni, comunque, occorre limitare allo stretto necessario il numero di informazioni divulgate.

In qualsiasi altra situazione, lo psicologo deve mantenere la riservatezza delle informazioni condivise in terapia, comprese le opinioni e i pregiudizi emerse nel corso delle sedute. Potrebbe essere utile capire come funziona la formazione per gli psicologi per approfondire questi aspetti della professione.

Casi di deroga all’obbligo del segreto professionale

Il codice deontologico degli psicologi prevede una serie di casi di deroga all’obbligo del segreto professionale, ovvero delle situazioni in cui il professionista ha la possibilità di divulgare alcune informazioni ottenute nelle sedute con i pazienti.

Sono tre i casi di deroga riconosciuti:

  1. se l’assistito fornisce il consenso, valido e dimostrabile, e lo psicologo ritiene opportuno avvalersene, considerando preminente la tutela psicologica del destinatario della prestazione;
  2. se vi è obbligo di referto o di denuncia, limitandosi a riferire all’Autorità Giudiziaria lo stretto necessario di quanto appreso nel corso del rapporto professionale;
  3. se si prospettano gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del paziente o di altre persone, valutando con attenzione la necessità di derogare parzialmente o totalmente all’obbligo di segretezza.

Riportiamo alcuni esempi per comprendere il comportamento da tenere in situazioni eccezionali.
Se, per esempio, un assistito rivela in terapia di aver commesso un reato, lo psicologo deve mantenere il segreto professionale, eccetto nel caso in cui sia necessario evitare gravi danni alla persona o a terzi. Se, invece, l’assistito rivela di aver subìto degli abusi, è buona norma adoperarsi per evitare che questi eventi possano recare danni o traumi al paziente.

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